Regime forfetario, quello che le Entrate (ancora) non dicono…
Le partite IVA non possono accedere al nuovo regime forfettario in caso di controllo (anche indiretto) di una S.r.l. e di esercizio di una attività “riconducibile” (anche indirettamente) a quella condotta come professionista individuale. Ma controllare indirettamente un’attività che, a sua volta, non deve essere anche indirettamente “riconducibile” a quella del socio forfettario, in concreto che significa? Nessuno ha finora trovato una soluzione giuridicamente indiscutibile, né sul punto sono arrivati gli (auspicati) chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate: una mancanza di interpretazione che potrebbe anche far assumere responsabilità nei confronti dei clienti, atteso il fatto che alcuni consigli sono stati inevitabilmente dati e alcune scelte sono state già fatte già da inizio gennaio.
In una bellissima canzone di Fiorella Mannoia si parla di donne che aspettano e che non si abbattono mai perché credono nella speranza. Un po’ lo stato d’animo anche di quei professionisti delusi, che auspicavano puntuali interventi interpretativi dell’Amministrazione finanziaria sulle novità introdotte dalla legge di Bilancio 2019 e, in particolare, sul regime forfetario ampliato dalla legge n. 145/2018.
Aspetti ancora controversi
Per poter entrare nel nuovo regime forfettario devono prima essere verificate nuove ed eventuali situazioni di incompatibilità. Nello specifico, le partite IVA non potranno accedere al regime dell’imposta unica del 15% in caso di controllo (anche indiretto) di una S.r.l. e di esercizio di una attività “riconducibile” (anche indirettamente) a quella condotta come professionista individuale.
Ma controllare indirettamente un’attività che, a sua volta, non deve essere anche indirettamente “riconducibile” a quella del socio forfettario, in concreto che significa?
Da oltre un mese molti commentatori hanno profuso tante energie per provare a decifrare le criptiche nozioni di controllo e riconducibilità indiretta dell’attività svolta dalla struttura partecipata da chi aspira ad accedere al forfait. Nessuno, tuttavia, è riuscito ad approdare a soluzioni giuridicamente indiscutibili e, quindi, da più parti si era levato quel consueto appello che da troppi anni costringe ad accompagnare i commenti sulle oscure leggi fiscali: “si auspicano chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate”.
Al contrario, però, i chiarimenti non sono arrivati e nel mondo professionale si è così diffuso un certo malumore per questa mancanza di interpretazione che ha deluso tante attese e che potrebbe far assumere anche responsabilità nei confronti dei clienti, atteso il fatto che alcuni consigli sono stati inevitabilmente dati e alcune scelte sono state già fatte già da inizio gennaio.
Ogni interpretazione del Fisco sarebbe stata plausibile, magari non condivisibile, ma comunque importante.
Per poter dirimere l’incertezza normativa, infatti, sarebbe stato inevitabile esprimere una considerazione soggettiva e, forse, anche opinabile, ma sarebbe stato certamente meglio ricevere un’interpretazione non illuminata delle Entrate piuttosto che rimanere nel limbo delle “non” risposte che lasciano nell’ombra e nell’incertezza tanti contribuenti.
Le Entrate, purtroppo, hanno sottovalutato che nel rapporto Fisco-Contribuente sono spesso le cose non dette a creare malintesi, a favorire le incomprensioni e, in definitiva, a non procurare alle istituzioni quel rispetto che, a volte, sarebbe davvero facile conquistare.
Come evitare conseguenze tributarie e sanzionatorie
In ogni caso, in assenza di puntuali chiarimenti sarà necessario essere prudenti, perché chi si comportasse da “forfetario” senza averne diritto subirebbe conseguenze tributarie e sanzionatorie pesantissime. E poiché le partecipazioni in S.r.l. inconciliabili sono da ritenere quelle in cui il forfetario ha un controllo anche indiretto, si dovrà ovviamente fare riferimento non solo al controllo “di diritto” (la maggioranza dei voti spettanti in assemblea), ma anche al possibile controllo “di fatto”, ovvero quello che si può esplicare tramite l’esercizio di un’influenza dominante o, comunque, con un peso notevole sulle scelte societarie anche per relazioni di parentela.
Siamo ben consapevoli che quanto detto può significare tutto e niente e che più che trovare un conforto giuridico esso richiama un modo di esprimersi vago e reso celebre dalla cinematografia comica di Ugo Tognazzi.
Appare allora ben chiara la concreta prospettiva che tra qualche anno possa essere chiamato un giudice tributario a fissare più precisamente i requisiti di incompatibilità verso il regime forfettario per quei contribuenti che, in assenza di interpretazioni, decidessero comunque di osare.
Peraltro, tra i vari dubbi irrisolti rimane anche quello legato alla circostanza se il possesso di una partecipazione di controllo in una S.r.l. inattiva, ancorché astrattamente esercente attività “riconducibile”, possa ritenersi idonea ad escludere l’applicazione del regime forfettario.
A parere di chi scrive, la partecipazione di controllo in una S.r.l. inattiva non appare incompatibile con l’applicazione del regime forfettario, in quanto, per evidente ratio normativa, la causa di esclusione dovrebbe scattare solo quando la società partecipata svolga un’attività effettiva e semmai, per questo eventualmente riconducibile a quella svolta dal socio tramite la propria partita IVA individuale in regime forfettario.
In tal senso, se anche le Entrate dovessero esprimersi, sembrerebbe alquanto difficile che possano spingersi ad affermare che una società inattiva (non solo formalmente) possa comunque considerarsi come esercente un’attività “riconducibile” e, quindi, idonea ad inibire l’accesso al regime agevolato.
Ma questo, purtroppo, nessuno lo sa ancora con certezza.