La definizione delle controversie tributarie cerca punti fermi. Prima del 31 maggio…
Il decreto sulla pace fiscale fa capire che una controversia, intanto può essere definita in modo agevolato, in quanto correttamente attivata e sempre che sia ancora pendente alla data considerata. L’immagine sembra chiara, ma non è così. Non possiamo, infatti, essere assolutamente certi sul quando e sul come l’attivazione della controversia pendente abbia le carte in regola per configurarsi tale. Possiamo pensare che ci siano le carte in regola quando l’atto impositivo è impugnato dal contribuente, ma con un ricorso presentato fuori termine? Si può cercare la soluzione in un precedente “condono”? C’è spazio per discuterne e per non ritenere chiusa la partita. Non rimane che mettersi all’opera.
Alla fine dell’anno che ci siamo appena messi alle spalle, il decreto della pace fiscale ha ricevuto la dovuta conversione dal Parlamento. Il provvedimento è definitivo e, perciò, possiamo parlarne e fermare l’attenzione su qualche disposizione (o parte di essa) che - per una ragione o per l’altra - merita di essere considerata.
A campione, adottiamo la disciplina prevista per la definizione agevolata delle controversie tributarie.
Dal testo normativo veniamo a sapere che le controversie tributarie pendenti (in ogni grado del giudizio) possono essere definite - ad iniziativa del contribuente - in un certo modo e, ovviamente, con il pagamento di una certa somma.
Vediamo di capire.
Il procedimento intorno al quale è strutturata l’agevolazione si impernia sul concetto di controversia, cioè un qual cosa che presuppone l’esistenza di un atto impositivo generato dall’Amministrazione finanziaria e di una opposizione messa in piedi dal contribuente interessato. Questa controversia, però, per avere rilevanza nel presente quadro normativo, deve essere pendente ad una certa data. Diciamo allora che la controversia è pendente quando - con riferimento a questa data - la contestazione non ha ancora trovato conclusione.
Il discorso potrebbe fermarsi a questo punto.
Ma, quel tanto di prudenza che basta, suggerisce di fermare l’attenzione su alcuni passaggi che lasciano spazi a perplessità significative.
Non è un esercizio difficile.
Può bastare una sottolineatura.
Infatti, già alla prima lettura, la legge fa capire che una controversia, intanto può essere definita (in modo agevolato), in quanto correttamente attivata (e, sempre che ancora pendente alla data considerata).
L’immagine sembra chiara, ma non è così. Almeno quando dall’astratto si scende al concreto.
Non possiamo, infatti, essere assolutamente certi sul quando e sul come l’attivazione della controversia pendente abbia le carte in regola per configurarsi tale.
Per esempio: possiamo mai pensare che ci siano le carte in regola quando l’atto impositivo è impugnato dal contribuente, ma con un ricorso presentato fuori termine?
Pare proprio di no.
La mancata impugnazione nei termini dell’atto impositivo lo rende immediatamente definitivo (tant’è che ai giudici, comunque aditi, non rimane che dichiarare l’inammissibilità del ricorso).
Parlare di controversia pendente, in situazioni del genere, può apparire fuori luogo.
E quindi?
La discussione sta dietro l’angolo.
In occasione di un precedente “condono” (espressione attualizzata oggi con la locuzione “definizione agevolata”) l’allora Ministero delle finanze ebbe modo di affermare che, in ipotesi di ricorso presentato fuori termine e con la “tardività non ancora dichiarata al momento della presentazione della dichiarazione integrativa” (cioè della richiesta del condono) “non può affermarsi che la controversia sia pendente”. Il ricorso, conclude il Ministero, costituisce soltanto un espediente per non fare dichiarare nell’immediato la definitività dell’accertamento.
Ma, se la tardività del ricorso fosse stata già dichiarata dai giudici? Stiamo riferendoci ad una situazione diversa?
C’è spazio per discuterne e per non ritenere chiusa la partita. La ricerca di punti fermi, a questo punto, è un passo obbligato anche per altre circostanze che emergono se la lettura viene dotata da un minimo di attenzione.
La discussione, in definitiva, ha spazi per essere tenuta in piedi e la ricerca sistematica di soluzioni (anche guardando alle vicende dei “condoni passati”) appare del tutto giustificata.
Non rimane che mettersi all’opera.
Il 31 maggio (termine ultimo per la presentazione della domanda) è qui che arriva.